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  Domande e risposte

In questa pagina riportiamo alcune delle domande che ci hanno fatto i visitatori del sito, e le risposte che abbiamo dato loro.

Gianni: "è possibile realizzare l'interferenza di elettroni con due sorgenti indipendenti ?" Leggi ...

Giovanni: "ma quali sono, in definitiva, le conclusioni dell'esperimento più bello ?" Leggi ...

Luigi commenta la manifestazione di presentazione del sito del 29/11/2009 Leggi ...

Gianpaolo: "cosa significa 'misurare' e perchè questo produce una influenza sull'elettrone ?" Leggi ...

Gianni chiede chiarimenti sul fenomeno della diffrazione e sul principio di Huygens Leggi ...

Walter: "ma, al di là delle spiegazioni matematico-formali della meccanica quantistica, si può spiegare in qualche modo cosa succede 'fisicamente' ?" Leggi ...

Luca: "qual'è il senso dello sforzo della scienza di voler spiegare fino in fondo le leggi dell''universo ?" Leggi ...

Fabiano: "vorrei ripetere l'esperimento di interferenza dell'elettrone singolo e presentare questo lavoro come tesina di maturità ..." Leggi ...

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Interferenza di elettroni con due sorgenti "indipendenti" Gianni ci chiede:

il fenomeno dell'interferenza per la luce si forma anche con due sorgenti puntiformi senza alcuna fenditura (come detto nel filmato), volevo sapere se è stato fatto un esperimento con due sorgenti puntiformi di elettroni per verificare se si crea ancora interferenza.Sia nel caso in cui le due sorgente sparino tutti gli elettroni alla volta,sia nel caso in cui ne emanino uno singolarmente contemporaneamente ed infine nel caso in cui ogni singola sorgente spari un elettrone alla volta ma non in modo sincronizzato.

Risposta

Anzitutto l'interferenza prodotta da due sorgenti è possibile solo se queste sono "coerenti" ossia emettono onde con differenza di fase costante nel tempo. (Il concetto di coerenza è accennato, ma non approfondito nel sito. Chi lo desidera, può consultare a questo riguardo la voce presente in wikipedia, in particolare quella in lingua inglese - "coherence", in cui la trattazione è molto più soddisfacente di quella italiana).

Utilizzare le fenditure o altri apparati ottici o elettro-ottici (specchi semiriflettenti, biprismi ottici o ottici-elettronici) consente di avere due sorgenti virtuali "sdoppiando" in realtà una singola sorgente reale. In questo modo a interferire sono i due cammini (stati) che il singolo elettrone (o fotone nel caso della luce) può potenzialmente sperimentare. In queste condizioni le due sorgenti sono necessariamente coerenti, in quando ciascuna è la copia virtuale dell'altra. Si tenga presente che anche nell'esperienza dell'ondoscopio la sorgente (il motore che vibra) è unica. In questo caso il ruolo delle fenditure è svolto dal braccio meccanico a due punte, che "sdoppia" appunto la sorgente delle vibrazioni.

Se invece volessimo fare l'esperimento con due sorgenti realmente indipendenti, avremmo anzitutto notevoli difficoltà tecniche a "sincronizzare" l'emissione, ovvero a ottenere un grado di coerenza sufficiente per realizzare l'interferenza. Ma queste difficoltà, in linea di principio, e anche in pratica, si possono superare. Dovremmo comunque avere una coincidenza spazio-temporale molto stretta tra i due elettroni (o fotoni) che devono interagire. (Quando ce n'è uno solo che si "sdoppia" tale coincidenza è garantita: le due "parti" nascono sicuramente nello stesso istante).

Esperimenti di interferenza da sorgenti indipendenti sono stati infatti effettivamente realizzati, con i fotoni a partire dagli anni '60 e con gli elettroni molto più di recente. È interessante notare (fatto tipicamente "quantistico") che se ci sono le condizioni sperimentali per ottenere l'interferenza, NON è possibile ricostruire da quale delle due sorgenti gli elettroni (o fotoni) che arrivano al rivelatore sono stati emessi. Ribaltando il discorso si può dire che l'interferenza di due oggetti indipendenti è possibile solo se è impossibile sapere da quale sorgente ciascuno è provenuto (in altri termini se i due oggetti sono indistinguibili). Nell'esperimento delle due fenditure accade una cosa del tutto analoga: se si introduce un qualsiasi apparato per sapere da quale fenditura l'elettrone è passato, si può ottenere questa informazione, ma il semplice atto della osservazione fa SCOMPARIRE la figura di interferenza .... Non è possibile approfondire qui questo aspetto, che è davvero uno dei più rilevanti della meccanica quantistica. Comunque è "veramente" così, queste non sono solo previsioni della teoria, ci sono numerosissimi esperimenti fatti negli ultimi 10-15 anni che confermano questo stupefacente comportamento.

Dopo questo lungo prologo, che speriamo non sia stato troppo noioso, veniamo a bomba alle domande specifiche di Gianni.

Per rispondere a una parte della domanda, c'è una cosa da aggiungere. Gli elettroni per le loro proprietà statistiche (in linguaggio tecnico: si tratta di "fermioni" che obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac, cosa che non vale ad esempio per i fotoni), possono essere emessi uno solo alla volta da una sorgente, quindi non è fisicamente possibile pensare di "mandarli" tutti insieme, di conseguenza un tale esperimento non è realizzabile. Se invece superando le difficoltà tecniche, riuscissimo a mandarne due alla volta in modo sincronizzato , uno da una sorgente e uno dall'altra, allora sì, dovremmo aspettarci di ottenere l'interferenza. Invece, nel caso ne mandassimo uno alla volta in modo alternato, non ci sarebbero le condizioni di coerenza spaziotemporale per avere interferenza. Se ci si riflette un attimo, mandarne uno da una sorgente e aspettare che sia rivelato prima di mandare il successivo dall'altra, sarebbe un modo per SAPERE da che sorgente è provenuto. E questo, ragionando secondo le regole della meccanica quantistica, basta a dirci che non può essere possibile ottenere l'interferenza.

Gianni:

Avevo fatto questa domanda perchè pensavo che le fenditure potessero avere un certo ruolo in qualche modo.Con due sorgenti coerenti e senza fenditure sulla lastra si vede un puntino o meglio due alla volta ma poi a poco a poco si forma la figura di interferenza! Qualcuno ha dato una interpretazione di questo fenomeno al di fuori della meccanica quantistica?

Risposta

Nel modo quantistico di vedere l'interferenza del singolo elettrone, o anche del fotone, le fenditure (o le sorgenti virtuali prodotte dai dispositivi che citavamo in precedenza) hanno lo scopo di creare le due "possibilità" che realizzano l'interferenza di un oggetto con sè stesso. Se uno riesce a rendere coerenti due sorgenti distinte, queste giocheranno ciascuna il ruolo di una fenditura, con la differenza che qui avremmo due elettroni alla volta e avremmo ancora interferenza... ma SOLO nel caso che di questi due elettroni siano indistinguibili, cioè che non se ne possa ricostruire la provenienza ... un pò come per le fenditure, se provassimo a vedere da dove è passato l'elettrone con qualche trucco, anche qui perderemmo l'interferenza.

Per quanto riguarda le interpretazioni: sicuramente ne esistono di diverse, ma comunque sempre nell'ambito della MQ, infatti a tutt'oggi, a parte la interpretazione ortodossa, quella cosiddetta "di Copenhagen" (elaborata essenzialmente da Bohr, Heisenberg, Born, Pauli, etc.) ce ne sono altre che spiegano il fenomeno in modo diverso. Le cito solo a titolo di esempio la interpretazione Bohmiana (David Bohm) della MQ. Un ottimo testo di livello divulgativo medio-alto per approfondire questi temi è quello di Gian Carlo Ghirardi "Un'occhiata alle carte di Dio", pubblicato recentemente nei tascabili del Saggiatore (13 euro). Di eventuali interpretazioni "al di fuori" della MQ non saprei che dirle. I comportamenti quantistici sono talmente contrari al senso comune che su di essi è spesso fiorita una ridda di discorsi e interpretazioni di tipo misticheggiante, ma senza serie basi fisiche e sperimentali, delle quali tendenzialmente è bene diffidare.

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Le conclusioni dell'esperimento più bello. Giovanni ci chiede

Sabato scorso ho assistito alla conferenza tenuta a Bologna relativa all "Esperimento più bello fisica" e desidererei molto che voi mi poteste chiarirmi alcuni concetti che non mi sono chiari: - Quali sono precisamente le conclusioni dell esperimento a cui si è giunti?

Risposta

L'esperimento più bello ci mostra che l'elettrone NON si comporta semplicemente come una particella materiale (pallina), e NEMMENO semplicemente come un'onda; esso è qualcosa di diverso dagli oggetti che vediamo tutti i giorni, è un "oggetto quantistico", che può manifestare sia un comportamento da onda che un comportamento da particella, aspetti che Bohr chiamò "complementari". Si manifesta come particella quando produce il puntino sullo schermo; si manifesta come onda quando i puntini prodotti da tanti elettroni, invece di formare le due strisce come farebbero le palline, formano una figura di interferenza fatta da molte strisce, come fanno le onde.

La meccanica quantistica ha sviluppato un linguaggio matematico, o formalismo (che noi per semplicità abbiamo tralasciato), per descrivere tutto questo. Tuttavia, sia il risultato dell'esperimento sia il formalismo che lo descrive, non soddisfano la naturale tendenza delle persone a formarsi una immagine dell'elettrone, simile alle immagini che ci formiamo degli oggetti "grandi" come le palline o le onde del mare. Dobbiamo quindi rinunciare a una tale immagine e accontentarci del formalismo astratto ? O questo aspetto complementare e contraddittorio dell'elettrone è la conseguenza del fatto che deve ancora arrivare la scoperta che chiarirà e metterà in armonia le cose ?

Di fronte a queste e altre domande simili, il dibattito è stato molto acceso anche tra i padri della meccanica quantistica. Esso non si può dire ancora del tutto chiuso, anche se oggi l'idea prevalente tra i fisici è quella che si debba rinunciare alle immagini familiari e si debbano accettare i risultati che la meccanica quantistica e la sua matematica ci forniscono, per quanto strani e contrari all'intuizione questi possano essere.

A chi interessano questi temi consigliamo il libro di Gian Carlo Ghirardi "Un'occhiata alle carte di Dio" (tascabili del Saggiatore - 13 euro), un testo divulgativo di livello medio-alto nel quale questi temi sono ben trattati e approfonditi, oppure l'altro libro divulgativo "Il bizzarro mondo dei quanti" della giovane Silvia Arroyo Cameyo (Springer-Verlag Italia 23 euro). Oltre a invitare, come è ovvio, a perdere un po' di tempo visitando il nostro sito, in particolare la sezione "Spiegazione".

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Luigi ci chiede

Sabato ero presente alla conferenza. Complimenti per l'organizzazione complessa ed opulenta. Tre cose non mi sono chiare. 1- Perchè gli autori dell'esperimento non sedevano al tavolo dei relatori, in modo tale che, seduto in mezzo all'aula, non ho potuto vederli? 2- Perchè Manzalini pronunciava con un fastidioso accento tedesco le parole di N.Bohr, che era danese, giocava a pallone, amava i film Western e talora scalava i palazzi delle banche (vedi G.Gamov: I trent'anni che sconvolsero la fisica) e non quelle del tedesco Heisenberg e dell'austriaco Schroedinger? Per lo meno mi sarei aspettato un accento yankee da Feynman . 3- Perchè a proposito dell'incontro di Merli e Pozzi con il Prof. Hermann, si è accennato solamente alla località di Erice e non si è nominata la struttura colà ospitata e chi l'ha fondata? Vi ringrazio per la pazienza di aver letto fino qui. Sono convinto che si faccia poca divulgazione scientifica a proposito di matematica e fisica; quindi mi rallegro per la vostra iniziativa. Un cordiale saluto.

Risposta

Per quanto riguarda il punto 1, effettivamente c'è stato un errore tecnico dovuto al fatto che il giorno prima, per ragioni che sarebbe lungo raccontare, non siamo riusciti a provare come avremmo voluto. Ci sarebbe infatti dovuta essere una telecamera che riprendeva l'intervista a Pozzi, Missiroli e Nobili diffondendo le immagini sullo schermo della sala. Nella organizzazione dell'evento abbiamo avuto alcuni problemi, legati al fatto che la conduttrice che avrebbe dovuto intervenire originariamente, ha dato forfait poco più di una settimana prima e questo ha creato una situazione di emergenza per cui alcuni aspetti ci sono sfuggiti e ce ne siamo resi conto solo in corso d'opera. Per quanto riguarda il punto 2, anche in questo caso il tempo per interagire con l'attore è stato insufficiente e concordo sul fatto che si sarebbe potuto fare meglio. Io penso che per scegliere il tono abbia pensato più alle parole che al personaggio, e inoltre, nel caso di Bohr, che era appunto noto tra i fisici come "il Papa della fisica", abbia pensato a Papa Ratzinger .. Licenza poetica, dunque, ma probabilmente non molto comprensibile al pubblico. Per quanto riguarda la menzione di Erice, di cui sono direttamente responsabile, devo dire di non aver proprio pensato al fatto che sarebbe stato opportuno citare il prof. A. Zichichi che ha inventato quelle scuole e dunque, mi creda, non c'è stata nessuna intenzionalità nell'omissione. Forse, essendo abituato a parlare con persone a cui questo fatto è noto, l'ho dato troppo per scontato. Grazie per l'interesse e cordiali saluti.

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Misurare = perturbare ? Gianpaolo ci chiede

Perdonatemi ma non mi è chiara una cosa relativamente al video (3d) del dottor quantum (N.d.R. mostrato durante la manifestazione del 28/11). Questo differisce dalla spiegazione che date qui sul sito nel fatto che arriva a una possibile conclusione. E cioè che l'elettrone cambia di volta in volta il proprio atteggiamento come se fosse cosciente di essere osservato, e forse quindi che ognuno di noi avrebbe (in qualità di osservatori) in mano un potere notevole e spesso trascurato. Domando: cosa cambiate in pratica, durante l'esperimento, nel momento in cui "misurate/osservate" davvero da vicino il comportamento dell'elettrone? Non lo stavate forse osservando anche prima? O meglio, in cosa consiste l'atto di misurare/guardare da vicino (nel filmato semplificato attraverso la presenza di un occhio)? Il fatto che nel momento dell'osservazione l'elettrone si comporti in maniera differente da come ci si aspetterebbe non potrebbe essere semplicemente spiegato in termini "materiali"..di attrazione...non so...gravità o simili, dovuti alla presenza di un corpo solido materiale nelle immediate vicinanze che prima non c'era? Spero vogliate perdonare l'ignoranza che vi ho senz'altro dimostrato con le mie domande e, se vi è possibile, rispondere nella maniera più elementare a esse.

Risposta

Lei si riferisce all'esperimento, detto in gergo "which way?" (da che parte?), che consiste nel cercare di sapere quale percorso abbia seguito l'elettrone nello spazio che va dalla sorgente al rivelatore. La procedura che consente di mettere in evidenza questo fenomeno è qualcosa di più complicato della versione "base" dell'esperimento più bello. In quest'ultima, infatti, noi vediamo soltanto quello che succede sul rivelatore, non abbiamo alcun mezzo per conoscere che cosa succeda all'elettrone nello spazio compreso tra l'emettitore e il rivelatore. Senza entrare in dettagli tecnici, le posso assicurare che è realmente possibile congegnare un esperimento, con elettroni, o più facilmente con i fotoni (quanti di luce), in cui si può ottenere l'informazione sul percorso seguito senza esercitare in alcun modo una perturbazione o un effetto di qualsiasi tipo sul sistema. E se si fa questo, è dimostrato che la figura di interferenza scompare, lasciando il posto ad una figura analoga a quella che si ottiene quando si fa l'esperimento delle fenditure con le palline di materia. Ragionando con l'intuito comunue, parrebbe incredibile che possa accadere una cosa del genere, eppure è effettivamente così. Se però adottiamo il modo di pensare "quantistico", facendo riferimento ai principi sanciti dalla interpretazione ortodossa della meccanica quantistica, quella cosiddetta "di Copenhagen", l'effetto si giustifica facilmente. Vediamo come.

Anzitutto bisogna notare che ponendoci la domanda "che percorso ha seguito ?" noi stiamo pensando al nostro oggetto come ad una particella, che percorre una traiettoria e che dunque se passa da una parte non può passare dall’altra. Dunque, in accordo con il principio di complementarità di Bohr, se, nello spazio tra sorgente e rivelatore, facciamo una osservazione che rivela una proprietà particellare del nostro oggetto, allora esso non può avere qui contemporaneamente proprietà ondulatorie, per cui esso assume di fatto un comportamento particellare e la figura di interferenza scompare ... E qui sorge spontanea la domanda: allora il fatto di comportarsi come particella o come onda dipende dalla nostra soggettiva decisione di osservare o non osservare da dove passi ? Apparentemente accade proprio questo. Tale comportamento, se vogliamo ancora più soprendente di quelli visti fin qui, mette in discussione persino l’assunto che esista una realtà oggettiva che si comporta in modo indipendente dal soggetto che la osserva. Questo aspetto è uno dei motivi principali per cui Einstein rifiutò fino all’ultimo di accettare che la meccanica quantistica fosse una teoria completa e definitiva. È famosa la frase in cui disse che a lui piaceva pensare che la luna stesse lassù nel cielo anche quando lui non la guardava ....

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Diffrazione e Principio di Huygens. Gianni ci chiede

E' corretto dire che la diffrazione (la capacità delle onde di aggirare gli ostacoli) è un fenomento di interferenza? Dovrebbe essere così visto che è spiegato con il principio di Huygens, inoltre mi chiedo se quest'ultimo è a tutti gli effetti un principio o soltanto una formulazione matematica. E' possibile reperire materiale completo in internet su questo teorema?

Risposta

In internet si possono trovare diversi applet che trattano della diffrazione. Una buona risorsa in generale è il sito “ComPADRE”:di cui segnaliamo, ad esempio:

http://www.acoustics.salford.ac.uk/feschools/waves/diffract.htm

In seguito aggiungeremo anche nel sito sull’Esperimento più bello una sezione specificamente dedicata alla diffrazione ma, per rispondere in poche parole alla sua domanda, il ragionamento per cogliere il legame tra interferenza e diffrazione può essere il seguente:

1) si immaginino due sorgenti puntiformi di onde circolari sulla superficie di un liquido (ad esempio in un ondoscopio). Come descritto nella sezione spiegazione le onde propagandosi “interferiscono” e assumono quella particolare configurazione che permette la formazione di ciò che è chiamato “figura di interferenza”. La spiegazione di tale configurazione si basa sul principio di sovrapposizione: le zone in cui il liquido è fermo sono quelle in cui le due onde si sovrappongono - interferiscono - in modo distruttivo (le linee nodali) e le zone in cui la superficie del liquido oscilla sono le zone in cui le onde si sovrappongono - interferiscono - in modo costruttivo.

2) quando un fronte d’onda rettilineo attraversa una fenditura di apertura confrontabile con la lunghezza d’onda dell’onda stessa, si ha il fenomeno della diffrazione: il fronte d’onda, dopo aver attraversato la fenditura, da rettilineo diventa circolare (l’onda “aggira” l’ostacolo) e ci sono, anche in questo caso, zone in cui il liquido è fermo.

Riprendendo la sua domanda, la configurazione della superficie del liquido tipica di un fenomeno di diffrazione si può spiegare con il “principio di Huygens”, modellizzando il fronte d’onda che attraversa la fenditura come una serie di sorgenti puntiformi e interpretando ciò che accade oltre la fenditura sulla base del principio di sovrapposizione.

Il cosiddetto “principio di Huygens” è dunque un metodo di calcolo, basato su un’ipotesi euristica, ma il vero “principio fisico” che governa sia i fenomeni di interferenza sia quelli di diffrazione è il principio di sovrapposizione delle onde.

In internet, oltre agli applet, si possono trovare anche trattazioni formali dei fenomeni. Si veda, ad esempio,

http://www.fisica.uniud.it/irdis/Ottica/Diffrazione_guida/DiffrazioneGuida.htm

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Spiegare l'inspiegabile ? Walter ci chiede

Prendo spunto dal vostro bel sito, per porVi una domanda che mi pongo da sempre, nella speranza di una Vostra risposta: Classicamente l'elettrone, in uno stato legato, se pensato come una carica puntiforme dovrebbe cadere in breve tempo sul centro di attrazione, a causa dell'irraggiamento elettromagnetico dovuto all' accelerazione centripeta cui esso è sottoposto. Il problema viene affrontato dapprima da Bohr e Sommerfeld che, di fatto, "per decreto" postulano l'esistenza di orbite particolari in cui l'elettrone pur se sottoposto ad accelerazione non irraggia. In seguito con la meccanica ondulatoria si definisce il concetto di stato stazionario: l'autovalore associato ad un determinato operatore rappresenterebbe una proprietà fisica (associata all'operatore) indipendente dal tempo. Se come operatore si usa l'hamiltoniana con un potenziale 1/r si trovano soluzioni stazionarie, cioè che descrivono una carica che non cade al centro. Il mio problema : la meccanica ondulatoria si basa su postulati "ad hoc", in particolare il nostro risultato sul fatto che ad ogni osservabile si associa un operatore autoaggiunto:l' insieme dei valori possibili per la misura dell'osservabile associata all'operatore è lo spettro dell'operatore stesso. Però ciò non mi dice nulla su cosa succede davvero fisicamente. Si può spiegare?, eventualmente senza ricorrere alla solita spiegazione correlata all'ineguaglianza dp*dx>h?

Risposta

Grazie per la interessante ed "esperta" domanda, che evidenzia una buona familiarità da parte sua con i concetti della meccanica quantistica (MQ).

Sarebbe molto difficile dare una risposta semplice e breve al suo quesito che chiama in causa un problema fondamentale relativo al paradigma esplicativo del formalismo quantistico e alla sua travagliata storia. La MQ trae la sua origine da fenomeni inspiegabili col paradigma classico ma poi, a partire dalla costruzione di modelli ad hoc, come dice anche lei, l'evoluzione formale ha preso strade che non ammettevano più una spiegazione diretta dei fenomeni da cui era partita. Si pensi ad esempio anche all'effetto fotoelettrico e all'effetto Compton che hanno dato l'avvio alla MQ, ma che poi, coinvolgendo fotoni e particelle relativistiche, non sono spiegabili nel dettaglio dalla MQ (occorrerà la teoria quantistica dei campi). Lo stesso problema della stabilità degli atomi trova una soluzione ad hoc, inglobata nella teoria dal punto di vista formale ma non spiegabile in termini di "meccanismo", così come la fisica classica ci aveva abituati. Il tema è molto interessante per la ricerca sui fondamenti e a livello di filosofia della fisica. Forse esistono studi al riguardo ma non li conosciamo nello specifico.

Da un punto di vista generale, le posizioni sulla interpretazione fisica del formalismo quantistico erano controverse negli anni '20-'30 (basti pensare alla discussione Einstein-Bohr o alle polemiche Schrodinger-Heisenberg) e fondamentalmente sono rimaste tali. Secondo il pensiero dominante, noto come "Interpretazione di Copenhagen" la sua domanda chiederebbe di "spiegare l'inspiegabile", perchè tutto quello che "conta" è già contenuto nel formalismo, che consente di prevedere in modo accurato i risultati degli esperimenti, e dunque, pragmaticamente, non ha senso chiedersi di più Nonostante questo atteggiamento lasci molta insoddisfazione alla nostra natura, sempre in cerca di modelli della realtà che possano appoggiarsi sulla intuizione, nessuno, a nostro parere, nè Einstein, Shroedinger nè altri critici della MQ dopo di loro, è riuscito fino ad oggi a fornire una alternativa convincente all' "ortodossia" di Copenhagen.

Come ad altri prima, consigliamo, se non li ha già letti, i testi di Gian Carlo Ghirardi che discutono in modo piuttosto esteso questi problemi interpretativi. Un approccio divulgativo è il testo "Un'occhiata alle carte di Dio", pubblicato da Il Saggiatore 1997, edizione Tascabili 2009. Una versione avanzata è il saggio intitolato "I fondamenti concettuali e le implicazioni epistemologiche della meccanica quantistica", contenuto nel libro "Filosofia della fisca" di autori vari, a cura di Giovanni Boniolo, edito dalle Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori (Milano 1997). Può inoltre guardare, se non lo ha già fatto, le presentazioni e i due filmati degli interventi ("Un esperimento, tante immagini della realtà" e "Visioni e divisioni dei padri fondatori") che Olivia Levrini ha fatto su questi temi nella giornata di presentazione pubblica del sito, il 29 Novembre 2009 a Bologna. Li può trovare a questa pagina del sito (per i filmati cliccando sui link "guarda il filmato" che si trovano di fianco delle diapositive con le presentazioni della giornata.) Siamo consci che la risposta non darà necessariamente soddisfazione alla sua esigenza di una "spiegazione" ... ma questo fatto è una inevitabile conseguenza del soggetto di cui stiamo trattando !

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Spiegare .... a che pro ? Luca ci chiede

Ottimo sito,ma nella mia ignoranza mi chiedo: anche se un dì si arrivasse ad avere L'EQUAZIONE DELL'UNIVERSO, ossia l'equazione finale di tutte le equazioni che tanti scienziati stanno cercando a che ci servirebbe se l'Universo già ce' lo abbiamo a portata di mano? Grazie tante. LUCA

Risposta

La sua impegnativa domanda, va molto al di là delle modeste intenzioni del sito, che sono quelle di raccontare un esperimento di fisica, per quanto questo possa essere considerato interessante e importante ...

Potrei provare a risponderle osservando anzitutto che la ricerca della conoscenza è una caratteristica particolare, oserei dire innata, nella nostra specie, non per nulla definita "homo sapiens". Come mai, infatti, tantissimi uomini si sono posti il problema di capire i fenomeni naturali che osservavano ? Perchè anzichè accontentarsi dei miti, o semplicemente accettare la realtà e "viverla", essi si sono ingegnati a scoprirne i segreti, partendo dai più semplici, fino ad arrivare a quella che lei chiama l"equazione dell'universo" ? Qui le risposte potrebbero essere diverse, a seconda delle convinzioni filosofiche o religiose di ciascuno. Da persona laica e di formazione scientifica io penso che questa, come altre caratteristiche della nostra specie, possa essere il frutto di un processo di selezione naturale. In altre parole la conoscenza potrebbe essersi affermata come modo di rapportarsi al mondo in quanto elemento utile per il successo della specie. Immagino che questo ruolo non sia sempre stato cosciente, soprattutto agli inizi ... Penso al primo uomo che ha alzato gli occhi al cielo e si è posto delle domande su quegli affascinanti oggetti luminosi che punteggiavano il cielo .. di certo non poteva immaginare che le conoscenze che sarebbero scaturite da quella primordiale curiosità sarebbero servite un giorno a realizzare i satelliti attraverso i quali passa oggi buona parte delle comunicazioni del pianeta, o che ci danno le informazioni sull'evoluzione metereologica.

Insomma, anche se apparentemente certe curiosità non hanno un effetto immediato sul nostro benessere o sulla risoluzione dei problemi che ci affliggono, in molti casi, nel tempo, si rivelano ricche di implicazioni, applicazioni e conseguenze, spesso (anche se non sempre) positive per la conservazione della specie.

Non vorrei sembrare troppo ottimista sui destini dell'umanità e non voglio nemmeno sopravvalutare il potere della scienza di svolgere in essi un ruolo positivo. Il progresso della conoscenza scientifica, di per sè, non basta; è fondamentale che accanto ad esso si sviluppino una pratica politico-culturale che consenta a tutti di godere dei suoi benefici e una coscienza etica e responsabile sul modo di utilizzarne i risultati nelle attività umane.

In conclusione, al di là del fatto che sia davvero possibile trovare una equazione definitiva che "spieghi tutto" (su questo confesso di nutrire qualche dubbio), mi resta la convinzione che la voglia di conoscere, di sapere, di scoprire, sia un valore fondamentalmente positivo e quindi vada incoraggiato. Sono invece molto meno propenso ad accettare l'idea che la conoscenza sia inutile o addirittura dannosa, e che, al posto di essa, ci si debba accontentare della fede in una verità rivelata "a priori". Ma queste sono opinioni del tutto personali, e come tali la prego di considerarle ...

Giorgio Lulli

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Vorrei replicare l'esperimento più bello ... Fabiano ci chiede

Buongiorno, sono uno studente al quinto anno di liceo Scientifico appassionato di fisica. Sto preparando la mia tesina per l'esame di stato e la mia idea è quella di presentare l'esperimento dell'interferenza dell'elettrone singolo (evidenziando anche la sparizione del fenomeno di interferenza nel momento in cui si aggiunge un rilevatore che dà l'informazione su quale fenditura abbia attraversato l'elettrone, "costringendolo" a manifestarsi come particella). Cercando informazioni sull' argomento mi sono imbattuto nel vostro sito (e mi complimento per la chiarezza dell'esposizione), e mi è venuta la "pazza" idea di provare a rifare quell'esperimento. So che il museo di scienze della mia città (Trento) ha un microscopio elettronico, la mia idea era quindi quella di chiedere la loro disponibilità per assistermi. Tuttavia, prima di prendere contatti con loro, volevo chiedere a voi se la realizzazione del filamento da inserire nel microscopio è eccessivamente complicata (mi farei in ogni caso aiutare dai tecnici che operano il microscopio), e nel caso la cosa fosse fattibile, chiedervi informazioni dettagliate su come procedere per realizzarlo.

Risposta

Ci fa molto piacere che lei abbia scelto questo argomento per la tesina di maturità. Nello stesso tempo ci dispiace dover frenare l'entusiasmo nella sua bellissima idea di replicare l'esperimento di interferenza del singolo elettrone. Nonostante siano passati più di 30 anni dalla sua prima realizzazione, l'esperimento rimane infatti qualcosa di tecnicamente difficile da realizzare. Occorrerebbe un microscopio con caratteristiche particolari nella forma e nel tipo di controllabilità della sorgente elettronica e dell'ottica, elementi non presenti in tutti gli strumenti, anche quelli moderni, che risultano spesso poco flessibili per un utilizzo non standard come questo. Al microscopio andrebbe adattato un biprisma che, qualora non esistesse già come accessorio - il che è probabile - andrebbe progettato e costruito "ad hoc". Infine occorrerebbe un sistema rivelatore particolarmente sensibile e a basso rumore, per poter identificare l'arrivo dei singoli elettroni e anche questa non è una caratteristica facile da realizzare. Insomma, l'esperimento potrebbe essere fatto soltanto utilizzando uno strumento opportuno, dotato di opportuni accessori e potendo contare sull'appoggio di un laboratorio di microscopia attrezzato e competente. E, anche se fossero realizzate le condizioni precedenti, richiederebbe tempi lunghi di messa a punto e realizzazione, cosa che ci sembra difficilmente compatibile con i tempi ormai prossimi della sua maturità. Quello che possiamo coinsigliarle, ma non sappiamo se nel suo caso la cosa possa funzionare, è di perseverare nell' idea di portare l'argomento come tesina, ma di rinunciare alla parte pratica sperimentale, rimandando quest'ultima al futuro, nell'eventualità avesse intenzione di dare ulteriore corso ai suoi interessi nella fisica ...

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